Copyright and Internet

Pirateria online: la Commissione Europea dice addio al blocco dei siti web e si concentra sulle piattaforme di hosting

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La Commissione Europea ha lanciato una consultazione, che si protrarrà fino al 5 settembre, relativa alle norme della Direttiva Commercio Elettronico (direttiva 2000/31/CE, recepita in Italia con il decreto Legislativo 70/2003) che regolano la responsabilità degli intermediari che fanno hosting, vale a dire le piattaforme. Per intenderci, i vari Google, Facebook, Dailymotion, che forniscono i portali attraverso i quali gli utenti caricano e condividono contenuti di ogni tipo (e a volte anche in violazione del diritto d’autore).

La consultazione ha un elevato contenuto tecnico, però è interessante capire il background politico che l’ha generata. Nell’ambito delle misure miranti a reprimere la pirateria online, la Commissione ha ora deciso di focalizzarsi sulle fattispecie di hosting, mentre ha messo da parte (senza però esplicitare apertamente tale scelta) i rimedi consistenti nell’imporre ai fornitori di accesso a Internet (gli iSP) il blocco dei siti web. Come mai questo posizionamento? Per intenderci, la fattispecie dell’hosting e quello dell’accesso a Internet rispecchiano business diversi e sono disciplinati diversamente dalla direttiva 2000/31/CE.  L’hosting provider si limita a fornire spazio nei propri servers ai contenuti caricati dagli utenti: pertanto, la quantità di tali contenti è limitata rispetto ai numeri esponenziali del traffico Internet ed inoltre, trovandosi tali files in un ambiente gestito dallo stesso hosting provider, quest’ultimo ne è responsabile non appena venga a conoscenza del loro carattere eventualmente illecito (poichè, ad esempio, violano il copyright di un terzo). Ed infatti, non appena il loro carattere illecito viene comunicato da un avente diritto, l’hosting provider deve rimuoverli immediatamente, altrimenti incombe su di lui una responsabilità. Il discorso si fa invece diverso per i fornitori di accesso, che gestiscono tubi e routers, e non servers: la quantità di dati che possono trasmettere è gigantesca, ed inoltre essi non sono conoscibili dall’ISP, che si limita a trasmetterli, ma non li deposita da nessuna parte. Per accedere a tali dati l’ISP dovrebbe mettere in atto costose e dannose tecnologie di filtraggio, peraltro in violazione della privacy degli utenti (i quali, a differenza di quelli dell’hosting provider, non hanno concesso al ISP il trattamento dei propri bits). Ed infatti, la direttiva 2000/31 non riconosce alcuna responsabilità agli ISP, anche qualora qualcuno comunichi loro che file vietati vengono trasmessi attraverso la loro rete (salvo che essi influiscono su tali dati: ma in tal caso diventerebbero, se si può dire, degli hosting provider, e ricadremmo nella prima ipotesi).

Chiarito quanto sopra, va ricordato che per anni l’industria del copyright ha chiesto ad istituzioni e giudici di bloccare l’accesso ai siti pirata, attraverso l’imposizione di misure di blocco agli ISP. Questi ultimi hanno sempre protestato, rilevando che le misure di blocco sono ingiuste (nei loro confronti), inefficaci, costose e sproporzionate. La querelle ha avuto alterne vicende in Europa, benchè in Italia i rightholders abbiano raggiunto qualche successo, poichè alcuni giudici hanno accolto le richieste di imporre agli ISP il blocco di siti web colpevoli di qualsiasi cosa (tra tutti, ricordo il caso The Pirate Bay). La questione si è trascinata fino a Lussemburgo, dove la suprema Corte europea, nel novembre 2011, ha dichiarato illegali e sproporzionati filtri e blocchi di Internet (causa Sabam/Scarlet). La Corte europea ha anche fornito un solido e coerente ragionamento giuridico, confermato nella successiva causa Netlog che però riguardava servizi di hosting. Risultato: la Commissione Europea (al cui interno convivevano varie anime, per la verità) si è resa conto che non esistono più le condizioni giuridiche per imporre le misure di blocco agli ISP e si è ora concentrata sull’hosting, benchè non abbia ufficialmente e formalmente dichiarato tale abbandono. Questa è la notizia più importante della consultazione, che la consultazione però non dice.

I documenti di consultazione si trovano qui: http://ec.europa.eu/internal_market/consultations/2012/clean-and-open-internet_en.htm

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