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Fare innovazione o subirla? Bernabè a Vedrò 2012

Oggi 27 agosto, presso l’incontro di Vedrò2012, Franco Bernabè si è lanciato in una prolusione sui pro & contra dell’innovazione. Secondo il Ceo di Telecom Italia, progresso tecnologico ed innovazione non creano necessariamente posti di lavoro, anzi! La dissertazione è partita da alcuni dati da fatto: secondo recenti studi, negli ultimi decenni la ricchezza a disposizione dell’1% degli americani più ricchi sarebbe passata dall’8% al 17%. Questo trend di arricchimento dei più ricchi sarebbe verificabile anche nei paesi tradizionalmente egualitari (Scandinavia) o innovativi (Israele). Qual sarebbe la ragione di tutto questo? Secondo Bernabé, accanto alla combinazione di vari fattori storici ed economici (tra cui la globalizzazione e la caduta del muro di Berlino), bisogna considerare gli effetti perversi di tecnologia ed innovazione, che hanno causato la sostituzione delle persone con i processi automatizzati. Mentre una volta la tecnologia avrebbe aiutato l’affrancamento delle classi operaie, permettendo loro di ascendere al livello della classe media, ora accade il contrario: la tecnologia crea l’impoverimento della classe media (dalle università ai call centres). Secondo Bernabè, per uscire da questo tunnel ci vorrebbero più concorrenza, merito, deburocratizzazione delle attività imprenditoriali, e meno tasse.

In parte è vero, ma non si tratta di uno statement troppo innovativo: prima di Bernabè ci aveva pensato persino Chaplin in Tempi Moderni. In altre parole, la riflessione di Bernabè ci ha ricordato che l’innovazione ha varie sfaccettature, poichè essa crea ma allo stesso tempo brucia anche ricchezza, e questa dinamica controversa si riflette anche  sul livello dell’occupazione. Forse era un messaggio subliminale per i sindacati.

Ad ogni modo, chi bazzica nel settore Internet capisce bene questa tematica. Tutte le innovazioni sostituiscono modelli di business convenienti per alcuni, e meno per altri. Internet stessa, all’inizio, fu osteggiata da Telecom e da altre telco storiche perchè le mail facevano calare il traffico fax. Skype ed altre applicazioni VOIP ancora oggi sono viste come la peste perchè fanno calare i profitti della voce tradizionale. La musica online ha effetto analoghi verso il modello distributivo tradizionale delle case discografiche. E così via; direi che la digitalizzazione e l’informatizzazione hanno bruciato un sacco di ricchezza e posti di lavoro, salvo creare nuova economia e nuovi posti di lavoro altrove.

Bernabè ha anche citato una recente intervista di Prodi, secondo cui per ogni 10 posti di lavoro bruciati da tecnologia ed innovazione se ne crea 1. Ora, menzionare Prodi quando si parla di innovazione non è un’idea felice. Essere stati al timone dell’industria pubblica italiana denota molte e preziose qualità, ma non necessariamente la predisposizione all’innovazione. Altrimenti, l’IRI si sarebbe trasformata in qualcos’altro e Silicon Valley l’avremmo avuta qui.

Ma, al di là delle citazioni, assume spessore la posizione di Bernabè, amministratore delegato di un’impresa altamente tecnologica, secondo cui l’innovazione in sè va vista con sospetto perchè provoca depauparimento sociale. Meno innovazione, più giustizia per tutti? Mmmmm.

In verità, la dichiarazione si inserisce in un percorso per niente casuale: da tempo ormai Telecom Italia si sta rifocalizzando sulla tradizionale rete in rame, quella che non richiede particolare innovazione bensì semplice (benchè costosa e complicata) manutenzione – per questo lo sviluppo della fibra prosegue solo lentamente, perchè questo tipo di rete cannibalizza i profitti della rete in rame. Telecom, inoltre, fa la guerra agli operatori OTT, rei di fare profitti “sulla sua rete”. Guarda caso, si tratta però degli operatori che hanno creato la maggiore innovazione negli ultimi 20 anni (Google, Facebook, Ebay, Youtube, Skype ecc) e senza i quali la rete telefonica servirebbe solo a trasmettere costose chiamate tra tristi telefoni grigi.

La guerra è quindi tra la rendita di posizione delle vecchie reti in rame, da un lato, e tutto il resto del mondo (cioè gli operatori telecom alternativi, i service provider, gli sperimentatori e i battitori liberi) che vuole innovare – non tanto perché innovare sia bello e giusto, ma perché certi operatori hanno bisogno di innovare (in quanto devono crescere ed entrare in nuovi mercati, oppure perchè soffrono la concorrenza), altri invece no (perchè sono monopolisti e vivono di rendita). In questa guerra, il mantenimento dei livelli occupazionali vengono spesso utilizzati dagli incumbents come il peso per far pendere la bilancia dal lato dell’incumbent.

Niente di nuovo, quindi, ordinaria amministrazione da parte di Telecom. Tuttavia, resta l’affermazione sorprendentemente luddista circa gli effetti deleteri dell’innovazione, su cui avrei proprio da ridire. Sia Bernabè e Prodi dovrebbero riflettere sul fatto  che l’innovazione crea posti di lavoro per coloro che la fanno e la cavalcano (Silicon Valley, Asia) e li brucia per coloro che la subiscono (Europa). La differenza sta tutta qui.

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10 replies »

  1. Devo dire che l’incipit (“progresso tecnologico ed innovazione non creano posti di lavoro”) mi aveva depresso alquanto; per fortuna la conclusione dell’autore dell’articolo (“l’innovazione crea posti di lavoro per coloro che la fanno e la cavalcano”) è la stessa a cui giungo io. Mi permetterei di aggiungere che Bernabè ha 64 anni e Prodi 73, quindi pur con tutta la stima e il rispetto, gli ultimi a parlare di innovazione e futuro dovrebbero essere loro. Prendo un nome a caso: Sergei Brin è del ’73. Il problema sta tutto qui. Saluti.

    • Devo confessare che Bernabè mi sta più simpatico dei sui lobbisti e comunicatori, perchè dice le cose come stanno: per un’azienda come Telecom Italia, seduta su una rete vecchia ma sempre profittevole, l’innovazione non è un’opportunità, bensì una minaccia. Meglio quindi sbandierare la difesa dei posti di lavoro per lasciare tutto come sta.

  2. E’ LA CONCLUSIONE LOGICA DI CADAVERI AMBULANTI: FERMIAMOLI E SEPPELLIAMOLI
    E’ L’UNICO MODO PERCHE’ NON POSSANO NUOCERE

  3. Sono sistemista, mantengo rete e sistemi di una piccola azienda. Adesso tutto mi e’ piu’ chiaro: grazie a signori come questi, che pensano che la larga banda a costi contenuti serva solo a piratare i media, e non come strumento fondamentale per favorire la crescita di parecchi settori, che l’azienda dove lavoro puo’ tenersi per altri dieci anni una connettivita’ HDSL 2mbit piuttosto costosa per offrire i propri servizi su internet… Visto che non si vedra’ per un pezzo – non dico fibra ottica e vDSL – ma neanche sDSL, no, che dico, neanche aDSL annexM con 2mbit upstream…
    Continuamo cosi’, che va bene. Povera italia…

    • Il problema, in verità, non è Telecom Italia in sè, che è un’azienda privata e non ha il dovere di far progredire l’Italia (benchè potrebbe averne l’ambizione, snif). Il problema è e sono stati i regolatori e i governi che non hanno creato le condizioni affinchè Telecom Italia fosse costretta ad investire in innovazione e nuove infrastrutture. Ciò avrebbe portato a modernizzare la rete ed i servizi di Telecom, con effetti a cascata sull’intero paese. Nella situazione attuale, invece, Telecom Italia trova più conveniente (dal punto di vista del cash-flow) difendere l’esistente (la vecchia rete in rame), perchè non è preoccupata dalla concorrenza e dalla regolamentazione.

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